Ventuno anni: questo è il tempo che Anders Behring Breivik passerà in prigione per aver ucciso 77 persone nel luglio dello scorso anno in Norvegia, tra la capitale Osli e l’isolotto di Utoya, dove si svolgeva una manifestazione politica giovanile. Ventuno anni potrebbero sembrare pochi, ma è il massimo della pena consentita dalla legge norvegese.
Tuttavia, passato il periodo di reclusione, una perizia psichiatrica può stabilire l’effettiva pericolosità o meno del soggetto (in questo caso non dovrebbero esserci colpi di scena) e di conseguenza prolungarne la detenzione. Breivik si è dimostrato soddisfatto in quanto, reo confesso, auspicava come pena la galera e non l’ospedale psichiatrico, che invece gli sarebbe toccato se fosse stato considerato incapace di intendere e di volere. Strage volontaria, senza aver mostrato il minimo rimorso o pentimento e, secondo quanto riferito dai suoi legali, Breivik non ricorrerà in appello. Insomma, è soddisfatto così. Il ricorso l’avrebbe invece presentato se fosse stato dichiarato non sano di mente e quindi rinchiuso in un ospedale psichiatrico. Anche i famigliari delle vittime sono risultati soddisfatti per aver ottenuto la massima pena per un crimine così orribile; la sentenza, caso più unico che raro, ha messo d’accordo tutti, imputato e accusa.