Gli squali sono animali unici nel loro genere, aggressivi, i predatori più temuti, fatali, ma al tempo stesso estremamente utili a diverse cause. Se ricerche mediche non ufficiali parlano di un potente anticancerogeno presente nella loro cartilagine (gli squali non si ammalano di tumore), una gruppo di ricerca dell’Università di Toronto è giunto alla conclusione che gli squali rappresentano un fattore vitale per la sopravvivenza della barriera corallina. Gli studiosi hanno preso in esame un gruppo di squali di barriera presenti tra l’Indonesia e l’Australia in un periodo compreso tra il 1994 ed il 2008.
Le barriere coralline in questione sono quelle del Parco Marino di Rowley Shoals (300 Km a ovest di Perth) e quelle di Scott Reefs, a metà strada tra Australia ed Indonesia. Entrambe presentano lo stesso clima e durante gli anni ’90 furono colpite da violenti cicloni che provocarono lo sbancamento dei coralli. Una delle due, la Scott Reef, presentò maggiori difficoltà di recupero a causa di una bassa presenza di squali, cosa che invece non si verificava a Rowley Shoals, che infatti si riprese rapidamente. Sulla Scott Reef si pescavano da secoli cetrioli di mare, lumache e squali che, specie nell’ultimo ventennio, videro crescere la loro richiesta da parte della Cina. Fu un vero e proprio boom, soprattutto a causa della diffusione della zuppa di pinna di squalo tra la classe medio alto cinese. Il parco di Rowley Shoals è un’area protetta e dunque proibiva la pesca intensiva a fini commerciali. Il gruppo di ricerca ha così ipotizzato l’innescarsi di una catena alimentare che vede gli squali al primo posto e i coralli all’ultimo; senza gli squali, il numero di predatori di media taglia, tipo gli snapper (pesci oceanici della famiglia del dentice) aumentano, riducendo di conseguenza le loro prede, come ad esempio i pesci pappagallo, la cui azione è quella di mangiare le alghe. Quest’ultime, se non eliminate, tendono a soffocare i coralli più giovani, facendogli perdere il colore.