Il gatto buddhista di Vio Cavrini è una raccolta di 22 racconti legati dal filo dei ricordi di viaggio dell’autore. Un susseguirsi di luoghi ed emozioni, che porta il lettore dal Sud Est asiatico all’Argentina, dall’India all’Africa, da Cuba alla California, passando anche per l’Europa e per l’Italia, soprattutto a Bologna.
Tantissimi luoghi raccontati da una prospettiva personale, non senza un pizzico di ironia, ma anche con spunti di riflessione amara. Lo spirito che l’autore vuole trasmettere ai lettori è quello con cui affronta i suoi viaggi, fortemente caratterizzato dalla sua passione per il buddismo: entrare in contatto con le popolazioni locali, immedesimarsi nelle problematiche e nelle tradizioni del posto per essere protagonista dei viaggi e non mero spettatore.
Perché si intitola “Il gatto buddhista”? Questo è il nome del primo dei 22 racconti racchiusi in questo libro, ma non a caso: è anche la chiave interpretativa per comprendere il senso delle storie che seguono. La storia è quella del gatto saltatore Musobianco (o della sua reincarnazione). La scelta dell’animale non è casuale: i gatti da sempre hanno un qualcosa di misterioso e affascinante, e molte credenze popolari gli attribuiscono una funzione di congiunzione tra vita terrena e spirituale.
Secondo la cultura buddhista per altro proprio per la loro bellezza i gatti non fanno parte dei dodici segni dello zodiaco cinese come oggi lo conosciamo. Il topo infatti, invidioso dalla sua bellezza, si rifiutò di svegliarlo per dargli la possibilità di andare a salutare il Buddha e così il maiale, meno bello ed elegante, prese il suo posto nell’ultima annualità rimasta. Una lettura assolutamente consigliata, specialmente per chi ama viaggiare, davvero o almeno con la fantasia. Un modo originale e curioso per conoscere il mondo.